"Non possiamo
pretendere che le cose cambino, se continuiamo a fare le stesse cose. La crisi
è la più grande benedizione per le persone e le nazioni, perché la crisi porta
progressi. La creatività nasce dall'angoscia come il giorno nasce dalla notte
oscura. E' nella crisi che sorge l'inventiva, le scoperte e le grandi
strategie. Chi supera la crisi supera sé stesso senza essere 'superato'.
Chi attribuisce alla crisi i suoi fallimenti e difficoltà, violenta il suo stesso talento e dà più valore ai problemi che alle soluzioni. La vera crisi, è la crisi dell'incompetenza. L' inconveniente delle persone e delle nazioni è la pigrizia nel cercare soluzioni e vie di uscita. Senza crisi non ci sono sfide, senza sfide la vita è una routine, una lenta agonia. Senza crisi non c'è merito. E' nella crisi che emerge il meglio di ognuno, perché senza crisi tutti i venti sono solo lievi brezze. Parlare di crisi significa incrementarla, e tacere nella crisi è esaltare il conformismo. Invece, lavoriamo duro. Finiamola una volta per tutte con l'unica crisi pericolosa, che è la tragedia di non voler lottare per superarla."
Chi attribuisce alla crisi i suoi fallimenti e difficoltà, violenta il suo stesso talento e dà più valore ai problemi che alle soluzioni. La vera crisi, è la crisi dell'incompetenza. L' inconveniente delle persone e delle nazioni è la pigrizia nel cercare soluzioni e vie di uscita. Senza crisi non ci sono sfide, senza sfide la vita è una routine, una lenta agonia. Senza crisi non c'è merito. E' nella crisi che emerge il meglio di ognuno, perché senza crisi tutti i venti sono solo lievi brezze. Parlare di crisi significa incrementarla, e tacere nella crisi è esaltare il conformismo. Invece, lavoriamo duro. Finiamola una volta per tutte con l'unica crisi pericolosa, che è la tragedia di non voler lottare per superarla."
A. Einstein
Stamattina
(16-12-2011), mio marito leggeva sul giornale che il nostro attuale primo
ministro (Monti) ci allerta che la situazione, già critica, forse non reggerà
per molto. Si parla di una possibilità di recessione, un default del paese come
è già successo per la Grecia.
E'
corretto che io sottolinei che non sono un'esperta di economia, non conosco i
movimenti dei mercati, non so fare prognostici, mi confonde sentire parlare di
finanza, non so valutare con sicurezza gli effetti di una recessione...sono una
persona come tante altre, che osserva e riflette e pensa a cosa sia possibile
fare.
Quando
stamattina mio marito mi ha riferito di quanto letto sul giornale, ho iniziato
a chiedermi: perché aspettare che
succeda il peggio? Perché non iniziamo invece a pensare a delle reali alternative partendo da noi
invece che attendere soluzioni dall'esterno?
Il fallimento di un modello economico
Sonoormai molte le voci che sostengono che siamo di fronte alla crisi di un sistema
economico. Nella mia semplicità considero questo fatto evidente dato che non è
solo l'Italia in crisi, ma un po' tutto il mondo occidentale. E sembra sempre
più difficile che questo colosso che è l'economia occidentale, si rimetta in
piedi.
Stiamo
cercando di tenere in vita qualcosa che in vita non lo è più da tempo; una
sorta di accanimento terapeutico che sta sfibrando un po' tutti.
Non
sono in grado di dare le spiegazioni che darebbe un economista, ma credo di
poter sottolineare come tutta la nostra economia si basi sul Dio-denaro e su tutto un sistema virtuale: virtuali sono i
bisogni che ci sono stati indotti (oggetti, beni, tipi di svago, etc.),
virtuale e tutto il sistema della finanza, virtuale è il denaro nelle banche, e
così via.
E' come se avessimo
costruito un palazzo di 30 piani, con 30 cm di fondamenta. A forza di aggiungere
piani il palazzo inizia a traballare e a crollare su se stesso. Questo è
successo perché il tutto si basa su capitali virtuali, che sostengono una
produzione basata su bisogni superflui, per generare capitali che si auto-generano
virtualmente nelle borse con annesse speculazioni.
Poi
arriva anche la questione del debito.
I paesi contraggono debiti, i debiti hanno degli interessi e gli interessi sono
diventati così alti che è impossibile pagare anche solo quelli; non se ne esce!
Ci si strozza, ed ogni cittadino lo sa, per pagare un debito impagabile. Così
l'economia si deprime sempre di più, girano sempre meno soldi, e il circolo vizioso
si chiude perché il debito aumenta.
Una nuova economia: mettere al centro l'uomo
Se
siete d'accordo con me, possiamo dire che così le cose non funzionano e non si
prospettano soluzioni, a meno che.....non apriamo
la nostra mente e consideriamo alternative davvero diverse.
Se
ponendo al centro di tutta la nostra vita economica (ma anche sociale e
relazionale) il Dio-denaro le cose non hanno funzionato, forse al centro
dovremmo pensare di metterci qualcosa di ben diverso.
Tolte
tutte le suppellettili, tolti tutti gli oggetti, tolti i soldi, tolto tutto ciò
che non possiamo o non potremo più acquistare cosa rimane? A me sembra che
rimanga l'UOMO, che poi altro non è
che l'unica cosa essenziale senza cui tutto il resto non avrebbe nemmeno senso.
Sono
ormai decenni che da più parti, si stanno alzando molte voci per dire che ora
come ora, l'uomo sta rovinando il pianeta in cui vive, che si deve pensare a
modelli di vita più eco-sostenibili ed esiste il discorso di un capo indiano in
cui egli fa questa previsione: l'uomo
bianco morirà sepolto dai suoi stessi rifiuti. Direi che ci siamo arrivati.
Allora
togliamo dal centro le cose e mettiamoci noi stessi. Smettiamo di pensare che
solo i sodi sostengono la nostra esistenza, smettiamola di preoccuparci se non
possiamo comprare...incominciamo invece a guardare chi abbiamo vicino, a
guardare le persone davvero, a togliere il denaro dai nostri rapporti. Incominciamo a guardare l'UOMO.
L'uomo può pensare, può
sentire e può agire, l'uomo è un essere sociale. Perchè allora non
mettiamo in campo tutto ciò che siamo a partire dalle nostre relazioni? Con i
familiari, con gli amici, con i conoscenti, con il negoziante con cui scambiamo
sempre due parole piacevoli?
Nella
nostra vita sicuramente abbiamo messo in piedi molte relazioni (e se non
l'abbiamo fatto è il momento di farlo), diamogli valore.
Una
volta scrivevo che fosse per me tornerei al baratto, ma amplierei l'uso comune del termine a tutto ciò che è
possibile, quindi non solo “Io produco
questo o io ho questo”, ma anche “Io
so fare questo, io posso insegnare questo, io posso mettere a disposizione
questo, io ho determinate conoscenze” e così via...
Provate
a pensarci: quante persone conoscete? Cosa sa fare ciascuna di esse (per lo
meno per quanto ne sapete, poi magari sanno fare anche molte altre cose che non
avete mai pensato) e cosa sapete fare voi (pensate
in grande, non siate modesti)? E pensate di mettere come in un grande
contenitore tutte queste abilità, conoscenze e tempo....non vedete quale enorme ricchezza di risorse si crea?
E
se ci mettessimo tutti in gioco e ci mettessimo a disposizione l'uno dell'altro
non sarebbe forse possibile, non solo
una vita economicamente più sostenibile, ma soprattutto immensamente più umana?
Carissima Anna, sono perfettamente d'accordo con te, in tutta la questione. Nemmeno io m'intendo di economia, finanza, annessi e connessi, ma mi sono accorta della sconsiderata importanza che è stata data al Dio-denaro, come lo definisci tu e come io stessa lo definisco da tempo, a discapito del significato della vita e del valore delle relazioni umane. Non siamo più persone, da troppo tempo ormai, ma veniamo definiti solo in base a ciò che possediamo, al peso del nostro conto in banca, alle firme sui nostri vestiti e sugli accessori che li accompagnano... Non esistono più valori nè principi, se non in base alla posizione che occupiamo in questa società ipnotizzata dall'avere ed aliena all'essere. Il baratto. Ci penso da tanto tempo e spesso mi immagino in un contesto in cui monete e banconote lascino il posto al libero scambio. Io so fare questo e lo metto a disposizione di tutti coloro che mi circondano. Tu sai fare quest'altro e fai altrettanto. Ci aiutiamo a vicenda, ci completiamo, sostenendoci e creando armonia, nel più profondo rispetto per la Natura, l'ambiente che ci circonda, i nostri simili e la vita in tutte le sue forme. E' un sogno? Un'utopia? A mio parere sarebbe una meravigliosa realtà, la soluzione a molti problemi, se soltanto avessimo la forza ed il coraggio di guardarci dentro ed infrangere le barriere della nostra cecità. La crisi la sto vivendo sulla mia pelle, soprattutto per motivi personali, ma il senso è lo stesso: trasformazione. Ed io voglio esserci, costi quel che costi. Lotto per le mie idee, per i miei principi, per un mondo migliore. La crisi, personale e globale, mi sta cambiando nel profondo e concludo con una frase del film "Una settimana da Dio": Sii il tuo stesso miracolo! Lo dico a tutti: Sii il cambiamento che vuoi vedere nel mondo. Io lo sarò. Un abbraccio dal cuore.
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